Museo dello Sport

Progetto per un museo dello sport pensato per la città di Firenze.

Sappiamo benissimo quanto importante sia la dimensione educativa dello sport.

Il suo ruolo sociale, culturale e ricreativo ha un potenziale enorme di riunire e raggiungere tutti, indipendentemente dall’età e dall’origine sociale, e può seriamente contribuire a rafforzare le relazioni interpersonali e internazionali.

Ed è quindi fondamentale valorizzare l’importanza dello sport, promuovendo e portando memoria di storie, gesti, esperienze, persone, vite che hanno segnato un tempo e che costituiscono veri e propri punti di riferimento per tutte le generazioni.

Il museo deve essere un luogo capace di estrapolare il visitatore dalla routine quotidiana e proiettarlo in una raccolta di storie umane capaci di generare emozioni, restituendolo quindi alla città con sentimenti diversi, con prospettive diverse.

Il presupposto principale del progetto è stato dunque determinare un insieme di spazi, interni ed esterni, strettamente correlati tra loro, nei quali il visitatore può provare attimi di quiete e riflessione, turbati da percorsi incerti, non scontati, capaci di consentire l’osservazione da vari e diversi punti di vista.

Un altro importante intento, sempre complementare al precedente, è stato quello di fondere lo spazio vissuto, inteso come sommatoria dello spazio percorso e dello spazio osservato, con il tempo impiegato nel compiere tale esperienza.

Questo tentativo di rendere tangibile la quarta dimensione è stato intrapreso attraverso la ricerca della continuità spaziale interna, della sua correlazione con “l’esterno costruito” attraverso le grandi vetrate inferiori ed i patii, e con “l’esterno non costruito” attraverso il cono visivo verso il parco e le aperture in sommità.

L’area presa in esame si trova assorbita dalla periferia Ovest di Firenze, ai margini del Quartiere n.4, denominato Isolotto-Legnaia.

La compagine urbanistica vede la presenza di numerosi assi viari, principali e secondari, tra i quali si distinguono, per importanza ed invasiva presenza, il viadotto denominato Ponte all’Indiano e la strada a scorrimento veloce FI-PI-LI. Tali tracciati marcano il territorio non meno di quanto lo faccia l’Arno, delimitazione Nord del Quartiere, e il Greve, suo affluente, non distante dall’area di intervento.

Il contesto urbano è caratterizzato da un tessuto eterogeneo che vede “interagire” un edificato ex-rurale, composto pressochè da abitazioni su due piani con relativi annessi, ed un edificato recente costituito soprattutto da complessi residenziali di ampie dimensioni e edifici a carattere commerciale come il complesso Uci Cinema progettato da Loris Macci e l’Hilton Florence Metropol Hotel progettato da Adolfo Natalini.

L’area rappresenta quindi una situazione di limite, ove la città si è recentemente espansa, invadendo il tessuto rurale fino a congiungersi con l’edificato a nord di Scandicci, annullando di fatto ogni carattere di tradizionalità e confondendo la storica ed ex-prevalente tipologia rurale con la nuova edilizia speculativa.

CONCEPT PROGETTUALE

La proposta concettuale nasce dall’idea di creare uno spazio che possa infondere nel visitatore uno stato di quiete e serenità e contemporaneamente generare delle insicurezze quali motore di ricerca di nuovi punti di vista e quindi di nuove prospettive.

A tale scopo ho cercato di progettare uno spazio dotato di estrema semplicità, attraverso l’utilizzo di volumi regolari, turbato da situazioni di inquietudine dovute alla spaccatura degli stessi ed alla deriva di un blocco che determina l’inserimento di vuoti inattesi e di punti di eccessivo accostamento, con conseguente generazione di punti di vista diversi.

Lo sviluppo progettuale si è suddiviso in più fasi: al dimensionamento di massima dei volumi e delle superfici è seguito uno studio delle funzioni e quindi una dislocazione delle varie attività richieste dal tema del progetto.

Importante è stata la scelta di suddividere drasticamente l’attività museale, e quindi l’area espositiva, dai servizi e dalle attività complementari, quali caffè, biblioteca, bookshop, ecc.

A tal proposito si sono costituiti due blocchi apparentemente sconnessi tra loro, dotati al piano terra soltanto di un collegamento visivo ed interagibili al piano interrato attraverso la vasta area adibita ad esposizione permanente.

Il sistema connettivo è caratterizzato da un ampio ingresso, posto al livello terreno e anteposto alla Via del Cavallaccio attraverso l’antistante piazza, che consente un colpo d’occhio molto ampio ed un apprezzamento delle principali caratteristiche architettoniche. Infatti, se il vuoto verticale permette di percepire l’esistenza di più livelli esaltando la volontà progettuale di collegare ogni ambiente interno, le ampie vetrate che prospettano sulla corte interna evidenziano l’accostamento dei blocchi e danno modo di esplorare visivamente sia lo spazio interno al blocco servizi che il parco ed il camminamento che lo introduce.  

Dall’area di ingresso è possibile accedere alla zona dedicata alle associazioni sportive attraverso uno spazio di relazione che si affaccia sull’agorà esterna.

Su questo spazio si affaccia un soppalco destinato all’esposizione temporanea, primo dei tre percorsi in cui essa si divide.

Tale divisione è stata volutamente cercata in modo da permettere anche la contemporanea esposizione di temi diversi che possono comunque fondersi attraverso la continuità dei percorsi espositivi.

Il secondo percorso destinato all’esposizione temporanea si divide tra i piani terreno e primo, all’interno dell’ala Ovest del blocco principale, mentre il terzo ed ultimo percorso si sviluppa interamente al piano interrato, dove si innesta nell’area dedita all’esposizione permanente.

Quest’ultima è stata pensata come percorso flessibile, nel quale poter raccogliere quanto esposto per tema, in virtù della varietà degli spazi, differenziati per dimensione, morfologia ed illuminazione.

Gran parte degli spazi posti al piano interrato trovano sfogo nei grandi patii che si propongono quali fonte di luce e collegamento verso l’esterno.

A questo livello, direttamente dagli spazi di disimpegno che servono gli elementi di collegamento verticale, è possibile accedere alla sala conferenze, anch’essa prospiciente uno dei due patii.

Al piano interrato sono dislocati anche un magazzino ed un parcheggio ai quali si può accedere attraverso rampa collegata con il parcheggio esterno e posta all’estremità Ovest del complesso.

Il terzo livello ospita gli uffici amministrativi, così separati dall’attività espositiva. Una terrazza ricavata nella foratura del prospetto Sud ed un patio che si affaccia sulla corte interna offrono possibilità di apertura verso l’esterno.

Nel blocco secondario, con accesso dall’agorà, sono dislocati il caffè (dotato di cucina e servizi) e la biblioteca . Al piano superiore si trovano invece l’emeroteca, la videoteca ed il bookshop, sempre connessi al piano terreno attraverso ballatoi centrali.

Entrambi i blocchi presentano spaccature continue, evidenti sia in alzato che in copertura, come se lo spazio interno fosse alla ricerca di luce naturale, alla quale è consentito l’ingresso in maniera smorzata dall’accentuato spessore della massa muraria.

L’intento è quello di dotare ogni ambiente di molta luce senza che essa possa infastidire lo svolgimento delle varie attività (esposizione, lettura, ristoro, ecc.).

Lo studio dei vuoti e dei pieni è stato eseguito nel tentativo di valorizzare l’interazione tra gli spazi interni ed esterni.

Questa relazione contempla anche la sistemazione di tutta l’area esterna, pensata come parco urbano suddiviso in vari settori, occupati in maniera satura da vegetazione caotica nella parte perimetrale ed in maniera più aperta da vegetazione ordinata nella parte centrale, così da creare uno scenario indispensabile alla completezza dell’architettura.

Una scenografia che non vuole isolare l’opera dal contesto ma cercare di integrarla in maniera graduale, inserendola ai margini di una natura irregolare alla quale si apre e verso la quale direziona il suo cono visivo, mantenendo i requisiti minimalisti di luogo dotato di necessaria dimensione atemporale.    

Stereotipo del costruito, un blocco di cemento si posa su un terreno ormai rifiutato dal tessuto rurale, ai margini della periferia fiorentina, assorbito da un caos urbanistico che determina la convivenza tra piccole abitazioni ex coloniche, edifici in linea e grandi complessi a destinazione residenziale, commerciale e turistica.

Un volume ben definito, dalla forma rigida, essenziale, che cerca una sua identità chiudendosi all’edilizia circostante per poi aprirsi verso il verde.

La spaccatura del blocco e la conseguente deriva di una sua parte, generano un cono visivo verso il parco e ne determinano una via di accesso che mira ad assumere la funzione di filtro tra costruito e natura.

Il movimento dei blocchi determina fessurazioni, voragini ed innalzamenti che evidenziano la ricerca di luce e di contatto con l’ambiente esterno.

Anche se racchiuso in una propria identità, la semplicità degli spazi e la purezza dei materiali  mirano ad una reale flessibilità del museo in relazione alla funzione ed al suo divenire storico.